San Martino Spino, fino al 1038 solo Spino, era nato, tutto sommato, sotto una buona stella.
La sua gente era dedita all’agricoltura, alla pesca, all’allevamento di ovini, suini e cavalli. L’intervento dello Stato lo distinse per la possibilità di offrire salari fissi e le prime pensioni; la cooperazione completò il quadro.
Ma era comunque il paese a troppe miglia e troppi chilometri da Mirandola e Modena, tant’è che i sanmartinesi, in ogni tempo, si caratterizzarono per un atteggiamento che, se non fu sempre ostile agli occupanti e alle distanti autorità, fu di orgogliosa tempra autonomista.
Limitandoci alla storia, sappiamo che gli abitanti di Spino, Spinum, furono dipendenti della chiesa di Nonantola dal 753; per circa mezzo secolo, per
donazioni di Re Astolfo, Re Desiderio, Carlo Magno, imperatori e papi, come si evince da pergamene dell’Abbazia.
Nel IX secolo, il centro era conteso da Modena e Reggio. Nel 902 Re Berengario volle che passassimo alla chiesa di Modena.
Quel vescovo cedette Spino ad Azzo Adamberto di Canossa.
Nel 1038, già ribattezzato San Martino in Spino, per onorare il santo vescovo di Tour, ma fedele alle sue radici, il paese fu lasciato alla chiesa di Modena da Bonifacio, padre della grande Matilde. Ma gli abitanti non gradivano Modena e guardavano a Reggio per ottenere più attenzioni ed esenzioni di tasse.
Nel 1070 San Martino tornò a Bonifacio, che più tardi lo trasferì a Matilde stessa.
Nel 1115 morì Matilde e tutte le proprietà della pia e forte regnante andarono alla chiesa di Roma per testamento.
Passarono meno di 30 anni e Papa Lucio II ci sottomise alla chiesa di Reggio, nonostante la lontananza. Conferme anche da Papa Eugenio III (1146), finchè (nel 1160) si intromise Federico Barbarossa, però per confermare San Martino Spino ai reggiani.
Nel 1174 fummo con Nonantola (anche se reggiana era la chiesa designata). Il 27 marzo i consoli locali della famiglia dei così detti Figli di Manfredo, fecero alleanza con i reggiani.
Nel 1191 l’imperatore Enrico VI ci riconsegnò alla chiesa di Reggio.
Nel 1198 comandava su San Martino il Comune di Reggio. I nostri consoli giurarono fedeltà appunto a quella città.
Nel XII secolo la chiesa di San Martino Spino era stata elevata a Pieve e da essa dipendevano anche i luoghi di culto di Gavello.
Cominciarono ad andare discretamente le cose per il piccolo paese, che diventò Comune rurale (vedi il Liber Grossum di Reggio).
Nel 1221 il Comune di Reggio accordò esenzioni agli uomini di San Martino in Spino. Perché il paese era esentasse? Perché oltre a distare troppe miglia da Reggio, svolgeva incarico, con i suoi uomini più forti, di tenere sgombra da briganti e malavitosi vari, compresi masnadieri e pirati, la strada che va da Quarantoli a Bondeno, 24 ore su 24. Un incarico molto gradito ai viaggiatori che si muovevano tra zone paludose, argini, sentieri bianchi e piccoli approdi.
Una svolta nel 1224: l’imperatore Federico II volle che si tornasse alla chiesa di Reggio. Nonantola sempre però dominava con la sua abbazia.
Nel 1252 un San Martino ancora Comune, anche se i Figli di Manfredo si divisero tra loro la Corte di Quarantoli per quella parte che rimase indivisa nel rogito del 14 maggio 1212.
Fecero eccezione nel trattato Mortizzuolo e San Martino, che avevano come amministratori i nostri rappresentanti. Lo dice il Tiraboschi nelle Memorie Storiche Modenesi, Tomo IV, pagina 282.
Ed esattamente nel 1263 si pensò che fosse meglio per San Martino Spino il passaggio ai vicini Figli di Manfredo, quelli buoni, però, perché tutti gli altri avevano mire più che espansive: le famiglie di nobili con cui ci rapportammo da quell’anno furono gli Azzolini, i Manfredi, i Pedocca, i Padella.
Questi erano giusti e di animo gentile e in un certo senso antagonisti di altri discendenti dei Manfredi, come i Pio, i Pico e i Papazzoni, per esempio.
L’atto di riconoscimento di feudo fu firmato dall’abate Landolfo, nonantolano.
Autore: Sergio Poletti
Fonte: ricerca dell'autore