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Il governo dei Menafoglio

Una storia di intrighi e misteri

I vari marchesi, trasferiti a San Martino, per non dispiacere al duca, favorirono altri nobili e i loro amici latifondisti, restaurarono il palazzo di Portovecchio (con un ingente somma, tanto che nel 1883 il Ministero della Guerra dovette assegnare pochi lavori per lo stesso, ma pagava sempre il duca), abbellirono la chiesa, donarono una casa e 5 biolche di terreno al parroco, spendendo solo per la parrocchia 210 doppie; in dote alla chiesa stessa ci regalarono le spoglie di San Clemente, ottenute da Roma nel 1775, quando era papa Pio VI, reliquie dei Santi Rocco e Sebastiano (1816), donate al canonico Mantovani, una statua della Madonna col Bambino, ma ai nativi imposero tanti divieti di pascolo e tasse, innalzarono reti, proibirono caccia e pesca quasi ovunque.

Notificazioni, gride e ordini erano continuamente stampati a Modena, quasi ad affamare i locali. Eppure l’agronomo inglese Arthur Young (1714-1820) ebbe a dire che senza l’aiuto dei Mirandolesi delle campagne e delle valli, lontani, non si sarebbe potuto sfamare di certo Modena.

Notabili sanmartinesi e gente di ogni rango intentarono anche causa ai Menafoglio, quindi in subordine al duca di Modena ma i tribunali erano tutti per il regnante. Di fronte a tanta protesta fu emessa una singolare sentenza, dopo due anni (1774-1776), che non fu ovviamente di lesa maestà.

La motivazione stabilì che i petenti non avevano né ragione, né torto. Ma non ottennero né sconti di tasse, né abbattimenti di barriere relative ai pascoli e alle zone di pesca. In pratica le ordinanze rimasero in piedi e tutto continuò nelle vessazioni imposte da Modena. Grande delusione per il sindaco Bernardo Greco, i vari Tioli, Buoli, Grazi, Bonini, Baraldi, Gavioli, ecc.

Ironia della sorte: un altro Paolo Antonio Menafoglio, imprenditore, banchiere, marchese di Barate, di San Martino Spino, Gavello, Portovecchio e Bellaria, patrizio di Modena e di Reggio, nobile di Bologna e Ferrara, vissuto tra il 1846 e il 1907, che fu assessore a Modena, fu eletto deputato dal 1895 al 1904 del regno d’Italia e dal 1905 al 1907 senatore, ma come componente della…sinistra!

Due Menafoglio sono sepolti nella chiesa arcipretale di San Martino Spino: il principe Antonio, morto nel 1780 (tumulazione avvenuta il 6 marzo) e Angiola Maria, vedova del marchese Paolo Antonio, morta a Modena nel 1792 all’età di 83 anni. Quel che resta delle loro spoglie, un tempo ben sistemate in un’arca, ora sono sepolte sotto il pavimento, nel punto segnato da una croce bianca intarsiata, davanti all’altare.

Abbiamo notizia che nel 1788 San Martino contò su una adunanza di reggenti, ai quali furono assoggettati anche gli abitanti della villa di Gavello, parte del Borghetto, Cividale e Quarantoli. A San Martino fu assegnato il Pretorio. In paese un giudicante con il titolo di Podestà. Aveva l’agglomerato un’estensione di 13.721 biolche e una popolazione di 2.059 abitanti.

Era a 10 miglia da Mirandola, oggi 18 chilometri e 32 miglia (50 chilometri) da Modena. Da solo San Martino faceva 594 abitanti, su 10.503 biolche.

Nel 1796 San Martino entrò nella Repubblica Cispadana; nel 1814 era ancora di Francesco IV, duca di Modena, ma nel 1860 entrò per plebiscito nel Regno di Sardegna.

RIFERIMENTI

Autore: Sergio Poletti
Fonte: ricerca dell'autore
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